Nel Seicento gli scacchi attraversarono un periodo bizzarro, condito di erudite
polemiche e rivalità fra i maggiori trattatisti del secolo, nonché di "deviazioni"
delle regole dallo stile classico. In altre parole gli scacchi, come in generale
le arti, non sfuggirono agli effetti del secentismo, del gusto dello strano
e del barocco.
A titolo d'esempio si deve citare la variazione al gioco classico degli scacchi
inventata da Francesco Piacenza, che nella sua opera Campeggiamenti degli
scacchi, ossia nuova disciplina di attacchi, difese e partiti del giuoco degli
scacchi, pubblicato nel 1683, introduce due nuovi pezzi, cioè il Centurione
ed il Decurione, e modifica anche le dimensioni della scacchiera, portandola
a 100 caselle invece delle normali 64.
Il culmine di questa mania degli scacchi eterodossi raggiunse l'apice nel Settecento
con l'opera Il Giuoco della Guerra, apparsa nel 1793, dell'avvocato
genovese Francesco Giacometti. In essa viene descritto un gioco modificato degli
scacchi ad uso dei militari, con tanto di pezzi denominati Generali, Cannoni,
Mortai e Fortezze al posto dei pezzi classici. Inutile sottolineare che nessuna
di queste variazioni ebbe grande fortuna.
Fra i trattatisti del Seicento vanno menzionati il sacerdote Pietro Carrera,
il cui grosso volume Il Giuoco de gli Scacchi, del 1617, incontrò la
risposta polemica del napoletano Alessandro Salvio nella pomposa opera Il
Puttino, altramente detto il Cavaliere errante, del Salvio sopra il giuoco dei
scacchi con la sua apologia contro il Carrera, pubblicato nel 1634. Di
Salvio è da citare anche il libro Trattato dell'inventione et arte liberale
del giuoco degli Scacchi, apparso in prima edizione a Napoli nel 1604.
Ma è il Settecento che ospita il primo vero giocatore teorico, cioè
il francese André Francoise Danican Philidor, detto "il Grande", nato a Dreux
nel 1726, che può essere considerato senza ombra di dubbio il maggiore trattatista
del XVIII secolo. Distintosi anche come musicista - fu fra i fondatori dell'opera buffa
francese e scrisse parecchie composizioni di musica vocale da camera e strumentale
- Philidor divenne famoso sia per la sua innegabile forza di giocatore, sia
per avere partorito un'opera fondamentale per la storia del Nobil Giuoco, ovvero
Analyse du jeu des échecs, pubblicata a Londra per la prima volta nel
1749. Questa fu l'unica opera di Philidor sul gioco degli scacchi, ma introdusse
tanti concetti nuovi e sconosciuti all'epoca, riassunti nella sua celebre frase
"I Pedoni sono l'anima del giuoco degli scacchi".
In effetti i giocatori fino ad allora si erano distinti per praticare un tipo
di gioco abbastanza spericolato e basato solo sulla tattica, cioè sulla capacità
di calcolare mentalmente le varianti, senza nessuna considerazione a lungo termine.
Con Philidor compare nella teoria scacchistica un concetto nuovo, la strategia,
nonché l'idea basilare che pure l'umile Pedone deve avere un'importanza fondamentale
nella conduzione accorta di una partita. Il libro di Philidor ebbe un tale successo
che in breve tempo se ne stamparono sessanta edizioni in varie lingue. L'autore
morì a Londra nel 1795.
Fu nel periodo di Philidor che i giocatori di scacchi presero l'abitudine di
incontrarsi nei caffè delle città, luogo di ritrovo anche di artisti e letterati.
In Francia uno dei caffè più rinomati di Parigi, il Caffè De La Régence, nella
piazza del Palazzo Reale, fu frequentato da personaggi illustri come Voltaire
e Rousseau, che amavano trascorrere il tempo libero fra le chiacchiere e qualche
partita a scacchi. In Inghilterra, fra il 1700 ed il 1770, furono molto frequentati
dai giocatori di scacchi il Caffè Parshoe in via St. James ed il Caffè Tom nel
cuore della City, entrambi a Londra. Il Caffè Tom divenne successivamente la
sede ufficiale del famoso London Chess Club, al quale erano iscritti i migliori
scacchisti inglesi.
In Italia i luoghi di ritrovo dei giocatori di scacchi non furono i caffè, bensì
le Accademie, che altro non erano che riunioni periodiche di persone
allo scopo di scambiarsi opinioni od idee su ogni tipo di argomento o semplicemente
per divertirsi con giochi di società. Celebri furono le Accademie di Napoli,
Parma, Modena, Padova e Reggio Emilia, ma bisogna aggiungere che ormai i giocatori
più forti dell'epoca erano tutti stranieri.
Non che in Italia mancassero scacchisti di una certa levatura, tuttavia il principale
ostacolo era costituito dal fatto che nella nostra penisola i giocatori non
seguivano le regole classiche del gioco, ma ne avevano di proprie, talvolta
abbastanza diverse da quelle seguite dai giocatori francesi, inglesi e spagnoli.
Per esempio, secondo le regole italiane, il Pedone poteva essere promosso solo
ad un pezzo mancante (e se nessun pezzo mancava allora il Pedone restava "sospeso"
in attesa di promozione), l'arrocco poteva essere effettuato ponendo il Re e
la Torre in qualunque casa intermedia, inoltre non era ammessa la presa al varco.
Nonostante la peculiarità delle regole scacchistiche italiane, si distinsero,
sia a livello di gioco che in campo trattatistico, Ercole Del Rio, che scrisse
l'opera Osservazioni sopra il giuoco degli scacchi, pubblicata nel
1750, e Domenico Lorenzo Ponziani, che integrò lo scritto di Del Rio nel famoso
trattato Il giuoco incomparabile degli scacchi sviluppato con nuovo metodo,
di cui la prima edizione venne stampata nel 1769.
Le opere italiane citate, a differenza del trattato di Philidor, non ebbero
una grande influenza sull'evoluzione teorica del gioco degli scacchi, d'altra
parte costituirono una fonte interessante nel campo della problemistica, dato
che la scuola italiana poneva in gran conto l'abilità nella risoluzione di complesse
posizioni sulla scacchiera.