Le prime testimonianze scritte di epoca medioevale risalgono all'incirca all'anno
1000 d.C. e sono di provenienza iberica. Ciò non deve stupire, dato che proprio
qui fu più forte l'influenza degli arabi. Negli anni successivi il gioco si
diffuse straordinariamente anche fra i ceti più elevati, tanto che la destrezza
in questo gioco era una delle probitas (virtù) che distinguevano il
vero cavaliere.
Tantissimi poemi del periodo medievale citano gli scacchi nei loro versi, alcuni
addirittura giungono a farne l'argomento unico della composizione letteraria,
come per esempio il francese Les échecs amoureux, composto da ben 30060
versi!
Famoso divenne pure il trattato Liber de moribus hominum et officiis nobilium
super ludo scachorum di frate Jacopo da Cassole dell'ordine dei Domenicani,
morto verso il 1325. In esso gli scacchi sono usati come fonte di ammaestramenti
morali. Fu grazie a quest'opera che il gioco degli scacchi uscì dal grave limbo
in cui era precipitato dopo la proibizione di giocare con esso promulgata da
Papa Alessandro II verso la fine del XI secolo. La causa dell'editto papale
fu probabilmente una lettera, datata 1061, scrittagli da Pier Damiani, cardinale
di Ostia, nella quale l'alto prelato condannava gli scacchi come gioco d'azzardo.
Il malinteso era nato dal fatto che molti giocatori dell'epoca, per rendere
il gioco più eccitante, avevano inserito l'uso dei dadi per determinare quale
mossa si dovesse compiere, snaturando in tal modo le regole originali ed avvicinando
il gioco praticato più al latrunculorum lusus dei legionari romani
che non agli scacchi come li conosciamo oggi.
I primi veri e propri trattati scacchistici, cioè
manoscritti sulle regole e tecniche di gioco, ebbero invero come unico argomento
la problemistica, ovvero la risoluzione di posizioni precostituite di pezzi
sulla scacchiera che potevano portare alla vittoria od al pareggio di uno dei
due schieramenti solo attraverso difficili e nascoste sequenze di mosse. Frequentemente
tali posizioni, detti partiti, divenivano la base di scommesse fra
giocatori.
Nella fattispecie importanti e celebri sono i codici miniati Bonus Socius
e Civis Bononiae. Un esemplare del primo codice è conservato nella
Biblioteca nazionale di Firenze e riporta su pagine in pergamena ben 194 problemi
scacchistici, insieme a problemi di tavola reale e telamolino (giochi diffusi
in epoca medievale). Da notare comunque che la risoluzione di questi problemi
spesso non rispetta le regole attuali del gioco degli scacchi, poichè allora
esse erano abbastanza diverse (per esempio, un giocatore rimasto col solo Re
era considerato perdente, anche se l'avversario non poteva dargli scacco matto).
Altro codice miniato importantissimo è il Tractatus partitorum Schachorum
Tabularum et Merelorum Scriptus anno 1454, rinvenuto soltanto nel 1950
alla Biblioteca Estense di Modena. Il codice consiste di 347 fogli finemente
decorati, ma purtroppo ne è sconosciuto l'autore. Il fatto importante però è
che le soluzioni sono riportate a tratti sia in latino che in antico volgare,
lasciando sottintendere una vasta diffusione del gioco in ogni ceto sociale
e culturale.
Il trattato dell'Estense costituisce la maggiore raccolta di problemi scacchistici
(in totale 533) giunta a noi fino ad oggi.